MARIA NOVELLA DEL SIGNORE

Maria Novella Del Signore: Continuum Sensibile.
Bruno Corà, 2002

Una delle qualità dell'arte che prediligo è l'opposizione al conforme intesa come espressione di una inclinazione individuale difficilmente riconducibile al sentire comune. Così di un artista mi interessa proprio il modo singolare con cui sa dar corpo ad una propria intuizione o ad una ossessione, più o meno razionale, che talvolta per anni pervade la sua mente anche quando attorno a sé la realtà riverbera aspetti diversi e opposti al proprio. La fiducia (ma si potrebbe dire la tenacia) con cui Maria Novella Del Signore negli ultimi venti anni ha costruito il paradigma del suo lavoro è un esempio particolare di quella costanza nella percezione della propria interna dimensione sensibile. Dalle opere da me osservate sin dall'inizio degli anni '80, rivolte alla resa pittorica plastica della trasparenza, mediante supporto in tessuto dalla consistenza di velari sospesi, e dunque suscettibili di movimento al minimo alito, sino alle opere in vetro e ceramica, il suo grado di radicalità sensibile è restato alto e immutato. Sia le sue Attese (1980), come dispositivi relazionali che accoglievano l'osservatore-visitatore nei loro spazi, come il vero motore-provocatore della loro vita; sia i Fields phase1 (1996) algidi corpi vitrei che nondimeno restituiscono riflessi, trasparenze e penembre su campi a vocazione lunare; sia le ceramiche ipersottili di Annaliviaplurabella e i fili di vetro di Homes (2000) sono l'emblema di una volontà di rottura dello statuto oggettuale di molta arte contemporanea per conseguire, all'opposto, una qualità dell'opera sempre più catalizzatrice delle nostre più sensibili facoltà, in un tempo che chiede di affrancarsi da gravita superflue.